Geoblocking dei videogiochi e diritto della concorrenza: il caso Valve Corporation

In una recente decisione (causa Valve Corporation, T-172/21), il Tribunale dell’Unione Europea ha ritenuto che la Valve Corporation, insieme ad altri editori di videogiochi, ha violato l’articolo 101 TFUE per aver limitato le vendite transfrontaliere di videogiochi Steam attraverso accordi anticoncorrenziali e pratiche concordate. 

Steam è una piattaforma online di proprietà di Valve, la quale concede in licenza la propria tecnologia agli editori di videogiochi (“servizi Steamworks”), che successivamente li caricano sulla piattaforma. I giochi sono disponibili per la vendita direttamente su Steam o attraverso distributori terzi; in questo caso, Steam fornisce una chiave di attivazione come parte dei suoi servizi Steamworks, i quali sono caratterizzati da una funzione di controllo del territorio (geoblocking), che consente all’utente (a) di attivare il gioco solo in un determinato territorio o (b) di attivare e giocare il gioco solo in un determinato territorio.

Tale funzionalità di geoblocking aveva già attirato l’attenzione della Commissione europea la quale, all’esito di un’indagine, aveva ritenuto che Valve, con alcuni editori di videogiochi, avesse violato l’articolo 101 TFUE, ponendo in essere accordi anticoncorrenziali o pratiche concordate volte a limitare le vendite transfrontaliere di videogiochi Steam sotto forma di vendite passive. Secondo la Commissione, infatti, i diritti di proprietà intellettuale non possono essere esercitati in modo tale da contravvenire alla creazione e alla protezione del mercato interno, e ciò vale anche per gli accordi di licenza non esclusivi e per gli accordi di distribuzione.

Il Tribunale, investito della questione a seguito del ricorso presentato da Vlave, ha confermato le conclusioni già espresse dalla Commissione. 

Al contrario di ciò che tentava di sostenere Valve, la condotta di quest’ultima non era infatti finalizzata a proteggere i diritti d’autore degli editori:  ad essere stata considerata dannosa per la concorrenza non era stata l’esistenza di un accordo di distribuzione esclusiva o di licenza in quanto tale, quanto piuttosto l’istituzione di obblighi contrattuali o di misure aggiuntive che impedivano le vendite passive e determinano una segmentazione artificiale del mercato interno, suscettibile di vanificare l’obiettivo del Trattato di realizzare l’integrazione dei mercati nazionali attraverso la creazione di un mercato unico. 

La fornitura di chiavi Steam geo-bloccate aveva infatti come unico scopo quello di limitare le importazioni parallele dei videogiochi, rendendo così di fatto impossibile qualsiasi vendita passiva al di fuori del territorio di alcuni paesi dello Spazio Economico Europeo.

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