In data 22 febbraio 2024, l’Intellectual Property Office inglese (UK IPO) ha rilasciato il proprio report sull’impatto dei social media influencer nel consumo di merci contraffatte da parte degli uomini nel Regno Unito. Il rapporto segue quello già rilasciato nel 2021 incentrato sui consumatori di sesso femminile.

Dal report emerge che ben il 35% del campione considerato (uomini britannici di età compresa tra i 16 e i 60 anni) acquista consapevolmente prodotti contraffatti e che il 24% acquista prodotti contraffatti grazie alla sponsorizzazione degli influencer sui social media. Questo dato risulta quasi raddoppiato rispetto al rapporto del 2021, dove la percentuale era del 10%.

Un altro risultato interessante che emerge dall’indagine è la confusione, o comunque una mancata chiarezza, su cosa si debba intendere per “contraffazione”, con un conseguente impatto significativo sulle decisioni di acquisto degli acquirenti, specialmente dei giovani consumatori. Tale incertezza risulta legata, in particolare, ai comportamenti di alcuni influencer sui social media più diffusi, dove i prodotti contraffatti non vengono presentati come tali ma come “rep” (repliche) o “dupe” (duplicati).

Peraltro, pochi giorni prima della pubblicazione del rapporto dell’UK IPO, anche la Commissione europea ha pubblicato i risultati di una propria indagine, condotta di concerto con le autorità dei consumatori, sugli influencer online e sulla mancanza di trasparenza del contenuto promozionale dei loro messaggi. In particolare, è stato rilevato che più di tre quarti degli influencer svolgono attività commerciali (promuovendo prodotti di terzi oppure i propri), ma solo il 36% è registrato come “professionista” a livello nazionale e per più della metà dei soggetti oggetto d’indagine sono state ritenute necessarie ulteriori indagini da parte delle autorità nazionali competenti.

Gli studi citati evidenziano come gli influencer e i social media ricoprano un ruolo sempre più centrale nella promozione e vendita di prodotti contraffatti: in particolare, la pratica diffusa di presentare i prodotti contraffatti affiancandoli a quelli originali, così come l’uso dei termini “dupe” e “rep” contribuisce a superare le resistenze dei consumatori all’acquisto di prodotti contraffatti. Peraltro, molti di questi influencer devono considerarsi professionisti o venditori, e di conseguenza dovrebbero essere a loro volta ritenuti responsabili per l’attività di contraffazione.

Alla luce di tali studi, risulta evidente, dunque, la necessità di un’implementazione normativa che rafforzi la regolamentazione sull’influencer marketing e renda effettiva l’applicazione delle leggi UE già esistenti nel settore.

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