La Corte Suprema si schiera con Jack Daniel’s: i limiti al Rogers test

Dalle premesse, la controversia che ha visto contrapporsi la nota Jack Daniel’s contro un convenuto insolito, una società produttrice di giochi per animali, sembrava poter fare da sfondo a un’ennesima messa alla prova dell’equilibrio tra libertà di espressione e protezione di un marchio, fissato nel famoso precedente Rogers v. Grimaldi del 1988.

La VIP Products LLC, infatti, ha invocato la First Amendment defense, sul presupposto che il proprio giocattolo per cani, palese imitazione parodistica della bottiglia di whiskey del celebre avversario, costituisse espressione creativa e ironica meritevole di protezione, sulla base della prima disposizione della Costituzione americana che garantisce la libertà di espressione. Sarebbe stato, allora, interessante scoprire ove i giudici d’oltreoceano avrebbero posto il confine, oltre il quale neanche alla parodia è permesso accedere.

In realtà, il giudizio si è rivelato molto più lineare del previsto, nella misura in cui è stato escluso che la questione fosse da sottoporre al Rogers test. Quest’ultimo, infatti, non ha spazio di intervento per i casi, come quello in esame, in cui il marchio notorio sia utilizzato dal contraffattore con funzione di vero e proprio marchio, i.e. di identificazione dell’origine del prodotto dal contraffattore.

In questo caso, infatti, non residua margine per la valutazione del contrapposto interesse della libertà di espressione, in quanto quello della protezione del marchio risulta assolutamente prevalente. Per questo, il giudizio della Corte Suprema si è concentrato sulla “likelihood of confusion”, che ha visto soccombere la VIP PRoducts LLC e i suoi simpatici giochi per animali.

Jack Daniel’s Properties, Inc. v. VIP Products LLC

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