Coca-cola si difende dalle accuse di greenwashing in California

Si è chiusa nuovamente con un invito a precisare le contestazioni la class action promossa contro Coca-cola, con riguardo al claim “100% Riciclabile” apposto sulle sue bottiglie in plastica. E’ la seconda volta che la North District Court of California chiude il procedimento Swarzt v. The Coca-Cola Company con un rigetto e contestuale possibilità per parte istante di precisare la domanda introduttiva. In attesa che il procedimento si riapra correttamente, alcuni punti meritano di essere analizzati brevemente.

La querelle si articola intorno a un interrogativo di fondo: se sia ingannevole il claim proposto (“100% Riciclabile), a fronte della (allo stato, secondo la Corte, non dimostrata) non riciclabilità del tappo e dell’etichetta della bottiglia in plastica di Coca-Cola.

Un interrogativo particolarmente interessante se si considera che dalle Green Guides della Federal Trade Commission è espressamente previsto che l’attributo “riciclabile” può essere riferito a un prodotto, anche qualora sussistano parti di esso che non siano riciclabili, purché queste rappresenti una minima parte.

A questo proposito, gli istanti hanno evidenziato come la società non si sia limitata ad affermare che il prodotto è riciclabile, ma che lo sia al 100% ed è proprio in tale specificazione che si annida l’ingannevolezza del claim, suffragato anche da un sondaggio effettuato.

Rimarrebbe da dimostrare, secondo i giudici californiani, che tappi e etichette non sono effettivamente riciclabili e, a questo scopo, si rifanno alla nozione di “riciclabile”, che emerge dalle medesime linee guida e che è stata fatta propria della legge dello stato californiano. Secondo i giudici “riciclabile” è il prodotto “composto da materiali che possono essere riciclati dai programmi di riciclaggio esistenti” nello stato della California.

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