Anche gli enti pubblici possono essere chiamati a rispondere di pratiche commerciali scorrette

Con sentenza 3 ottobre 2013 in causa C-59/12 Bkk Mobil Oil c. Wettbewerbszentrale, la Corte di Giustizia Ueha stabilito che la normativa sulle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori, fissata dalla Direttiva 2005/29/CE, trova applicazione ratione personae non solo ai “professionisti” privati, ma anche nei confronti di organismi di diritto pubblico.

La pronuncia trae spunto da una causa pendente avanti il Bundesgerichtshof (Germania), avanzata da un’associazione per la lotta contro la concorrenza sleale nei confronti di una cassa previdenziale incaricata della gestione di un regime legale di assicurazione sulla malattia, la quale avrebbe comunicato ai propri aderenti, attraverso il sito internet istituzionale, che in caso di passaggio ad un’altra cassa, questi avrebbero rischiato la perdita di benefici economici, nonché il pagamento di oneri supplementari.

Secondo la Corte, in presenza di informazioni ingannevoli che impediscono al consumatore di scegliere in modo consapevole, sono irrilevanti sia la natura pubblica o privata dell’organismo responsabile, sia la specifica missione da esso perseguita.

Al fine di garantire la piena efficacia della direttiva, assicurando che le pratiche commerciali sleali siano contrastate in modo efficace, occorre dunque riconoscere lo status di «professionista» anche a organismi di diritto pubblico.

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