La Corte di Cassazione estende i confini del danno da contraffazione

La scorsa settimana la prima Sezione civile della Corte di Cassazione, con sentenza n. 13025/2014, si è pronunciata in merito ai criteri che devono essere adottati dal giudice per la quantificazione del danno da contraffazione.

Il caso aveva riguardato la contraffazione di un marchio ritenuto simile ad un altro precedentemente utilizzato per identificare la medesima categoria di prodotti.

Sulla vicenda era già intervenuta una pronuncia della Corte d’Appello di Torino, che aveva dichiarato la contraffazione del marchio e ne aveva inibito l’utilizzo da parte dell’azienda contraffattrice, con delle pesanti conseguenze economiche: la condanna al pagamento di una somma di denaro, alla pubblicazione della sentenza su alcuni quotidiani, alle spese di entrambi i gradi del giudizio e ad una somma aggiuntiva per ogni confezione di prodotto messa in vendita in violazione della decisione e successivamente alla sua pronuncia.

Tra i motivi del ricorso in Cassazione vi è stata la modalità di quantificazione di tale danno, operata in sede di secondo grado di giudizio, sulla base delle risultanze della Consulenza tecnica d’ufficio svolta sul fatturato della società.

La Corte ha rigettato il ricorso, elaborando un principio che è destinato ad avere ampio eco tra le aule dei Tribunali italiani. Viene, infatti, affermata la possibilità di quantificazione del danno anche solo sulla base di una mera riduzione del potenziale di vendita dell’azienda il cui segno distintivo è stato violato. Sul punto, la Suprema Corte ha affermato che “… il danno cagionato all’impresa titolare del marchio contraffatto non necessariamente consiste in una riduzione delle vendite o in un calo del fatturato, rispetto al periodo precedentemente considerato, potendo esso manifestarsi solo in una riduzione del potenziale di vendita e quindi consistere in una minore crescita delle vendite, senza che si abbia una corrispondente riduzione od un calo rispetto agli anni precedenti considerati. Ciò accade, infatti, quando le vendite sono in crescita nel corso del periodo preso in considerazione e, in tali casi, non si manifesta alcun calo o riduzione delle vendite, pur potendosi manifestare un danno da riduzione del potenziale”.

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