La controversia in commento verte principalmente sulla qualificazione giuridica dell’attività dell’influencer, se quindi la figura fosse da inquadrarsi come procacciatore di affari ovvero nell’ambito di un rapporto di agenzia ex art. 1472 ss. c.c.. Come noto, il primo è colui che, occasionalmente e senza vincolo di subordinazione, propone o favorisce la conclusione di un determinato affare, mentre caratteristica centrale del contratto di agenzia (rimarcata dalla giurisprudenza di legittimità più recente) è la continuità e la stabilità del rapporto tra le parti.
In questo senso, il Tribunale di Roma, sulla base dell’analisi dei contratti e delle scritture contabili, ha individuato un rapporto stabile e continuativo con l’influencer. Questi, infatti, su incarico della società ricorrente era incaricato della promozione degli integratori alimentari, prodotti dalla società e commercializzati principalmente online, verso il pagamento di una percentuale del prezzo di vendita del prodotto “direttamente procurato” dall’influencer tramite la propria attività (si potevano ricondurre le vendite all’attività dell’influencer per un codice che veniva utilizzato al momento dell’acquisto).
Dalle risultanze probatorie è emerso non solo che il contratto era stipulato a tempo indeterminato, quindi in vista di una tendenziale stabilità del rapporto, ma che anche il pagamento dei corrispettivi avveniva in maniera regolare e continuativa. Su queste basi, il giudice ha deciso per la qualificazione come rapporto di agenzia, con tutte le conseguenze da un punto di vista fiscale e previdenziale.
Di seguito, il testo della sentenza.